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MONDO

Primi raid

Isis, offensiva Usa e alleati arabi in Siria; Obama: "Non è solo guerra dell'America"

"Abbiamo sventato un complotto di al Qaida in Siria contro gli Stati Uniti e i nostri alleati" ha spiegato il presidente "nessun paese sarà un porto sicuro per i jihadisti". All'operazione partecipano anche Giordania, Bahrain, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti. Damasco: "sosteniamo ogni sforzo contro il terrorismo", jihadisti: "Risponderemo"

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"La lotta contro l'Isis non è una guerra che riguarda solo l'America" così il presidente Obama ha spiegato l'inizio dei raid in Siria contro postazioni dello Stato Islamico, un'offensiva condotta insieme ad alcuni Paesi Arabi. "Abbiamo sventato un complotto di al Qaida in Siria contro gli Stati Uniti e i nostri alleati" e ha spiegato che i raid sono stati condotti  per mettere in chiaro che "non tollereremo che ci siano rifugi per i terroristi che minacciano la nostra gente". Il piano, continua, è stato appoggiato dal Congresso.

Raid Usa e alleati arabi
L'offensiva degli Stati Uniti contro le postazioni dello Stato Islamico in Siria scatta a poche ore dall'alba di martedì: missili tomahawk sono partiti dal mare, con l'obiettivo di colpire "capacità di comando dell'Isis e quelle di controllo, rifornimento e addestramento", come affermano fonti del Pentagono alla Cnn. Al piano partecipano anche alcuni Paesi arabi: Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita, Giordania e Bahrain. Il Qatar ha invece un "ruolo di supporto".

Uccisi 20 jihadisti
Alcune fonti militari hanno rivelato alla Nbc che con il piano sono stati bombardati 20 obiettivi, compresi centri di addestramento, quartier generali di combattenti sunniti e accampamento di truppe". I raid sono stati compiuti anche sulla città siriana di Raqqa, quartier generale dei jihadisti dell'Isis: obiettivo anche postazioni del fronte al-Nusra, affiliato ad al Qaida. Secondo una Ong, almeno 50 jihadisti sarebbero stati uccisi nei raid. Il Pentagono ha dato la notizia nella notte.

Damasco: "Informati dei raid", Casa Bianca smentisce
Secondo quanto riferiscono fonti di Damasco, Washington ha informato l'inviato Onu in Siria prima di iniziare i raid. Con un comunicato, il governo di Assad fa poi sapere di "sostenere tutti gli sforzi internazionali contro i jiahidisti". Un avallo esplicito questo ai raid militari condotti in mattinata. Arriva la smentita della Casa Bianca: la portavoce del Dipartimento di Stato americano, Jennifer Psaki sottolinea che la Siria non è stata informata dei raid e non è stato chiesto nessun permesso a Damasco.  Assicura che nessun avvertimento prventivo è stato dato.
Interviene poi anche il presidente siriano Bashar al Assad che alla tv di Stato dichiara "La Siria sostiene ogni sforzo internazionale per combattere il terrorismo".

Iran, i raid sono "illegali"
Il presidente iraniano Hassan Rohani denuncia che i raid anti-Isis degli Usa e degli alleati in territorio siriano sono un attacco a Damasco. Senza l'autorizzazione del consiglio di Sicurezza dell'Onu o il consenso di Damasco, ha aggiunto Rohani, i raid non hanno nessun valore legale. 

"Risponderemo ai raid"
Non tarda ad arrivare la replica dei jihadisti, che annunciano l'intenzione di rispondere all'offensiva aerea a guida Usa. In particolare, hanno puntato il dito contro l'Arabia Saudita (culla del wahabismo, l'interpretazione più intransigente dell'islam sunnita e accusata a lungo di aver sostenuto Isis insieme all'Iraq) per aver permesso l'attacco".

Mosca: "Regione destabilizzata"
Il ministro degli Esteri russo Serghiei Lavrov ha commentato in giornata i raid in Siria: "Il tentativo di attuare strategie geopolitiche alle spese della sovranità altrui destabilizza la situazione", ha detto Lavrov. Mosca ha poi sottolineato che l'avvio dei raid contro lo Stato Islamico in Siria richiede il fermo consenso del governo di Damasco.